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Il canto dell’altalena vince il premio Loi per la saggistica

Il canto dell’altalena di Anna Maria Farabbi, pubblicato nel 2021 da Al3vie in coedizione con Pièdimosca edizioni, ha vinto il primo premio nella Sezione saggio al 15° Concorso Letterario Città di Grottammare – FRANCO LOI.

Un ringraziamento va alla giuria, ma soprattutto ad Anna Maria Farabbi che sa portare qualità, profondità e spessore nella vita e nelle parole, ovunque queste atterrino. Un grazie anche per il premio vinto lo scorso anno con La via del poco nella sezione poesia.

La cerimonia di premiazione si terrà sabato 4 maggio alle ore 15.30 presso il Teatro delle energie, Grottammare (AP).

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Conferenze Diario Presentazioni Rassegna stampa

Kaba Edizioni, con il marchio Al3viE, al Bologna Children’s Book Fair 2024.

“Essere in/segnati dalla poesia”: incontro con le poete Anna Maria Farabbi e Milena Nicolini, attraverso i testi “ninnananna talamimamma” e “Istruzioni per l’uso di ninnananna talamimamma”, martedì 9 aprile al Bologna Children’s Book Fair 2024.

Intervento della poeta Anna Maria Farabbi.

«Io dimoro dentro il canto, io sono il canto. Il filosofo Umberto Galimberti ha fatto una proposta: alla scuola dovrebbe essere riconsegnata come atto formativo la filosofia. Io dimoro nella poesia. Cosa è la poesia e cosa può formare? Cosa è la poesia e cosa è l’atto formativo della poesia? Una persona a me cara, per spiegare cosa è la poesia, ha scelto l’immagine di un uomo che sta sopra una collina e vede passare un treno. Secondo lui la poesia è chi vive il treno andando.

La filosofia è una formazione utilissima in questo momento di caos cannibalico: consente l’esercizio della roteazione del pensiero, l’esercizio della dialettica. La poesia, a mio parere, non è l’omino che sta dentro la prima carrozza in un binario costituito: è invece la persona che crea il viaggio e gli stessi binari del treno, avendone consapevolezza. La poesia è la creazione.

Io propongo di portare la poesia fin dall’asilo nido. È un atto formativo, sociologico, politico, esistenziale, artistico. Pone all’attenzione. Si tratta di riuscire a stare in una tensione. Nella concentrazione. Costruire un centro e stare dentro. Il centro è il canto. Esercita l’ascolto.

La poesia si costituisce radicalmente nell’oralità. Dimorare nel canto, significa dimorare nella poiesis, in una gestione economica del profondo. Esercita in un’economia del verbale. Entra in una nominazione. Nominiamo le azioni della propria interiorità. La poesia permette una formazione sulla differenza tra espressione e comunicazione. Entra in dinamiche arcaiche, profonde.

C’è una grande necessità di portare anche la poesia nella scuola come atto formativo. La filosofia accede ad una razionalità. La poesia si arresta quasi barcollando. Ci sono poeti con un orecchio assoluto. Penso ad Amelia Rosselli, Paola Febbraro.

Nella statistica economica, molti, mi riferisco soprattutto a poete, non ce la fanno per questa disposizione totalizzante al canto. C’è spesso anche un’indipendenza rispetto al mondo dell’editoria.

Porgiamo, dunque, la poesia alla nuova generazione.

Io vengo dalla scrittura per adulti, ma sono nata nella poesia.

Alle presentazioni abbiamo partecipanti dai 50 anni in su. Fino alle elementari in genere c’è una fioritura espressiva e gli insegnanti sono in connessione con l’espressività lirica dei ragazzi. Alle medie, poi, il dirupo.

È necessario vedere quanto la poesia si regge da sola e quanto con l’illustrazione. La nostra è una società consumistica che viaggia in maniera volontaria puntando all’occhio. Anche per questo, lavoro con i ciechi, i sordi, i malati psichici. Noi abusiamo della vista, che a volte va ad estinguere le altre sensorialità. Il sentire inizia nell’utero, attraverso la pelle. Ripartiamo dalla grana della voce e dalla radice orale della poesia. M’interessa il flusso verbale lirico, non edulcorato, sentimentale, anacronistico. Attivo la passionalità intera del mio corpo, certo, perché sono allarmata di una società distruttiva della fioritura del ciliegio. I ragazzi oggi sono spostati da ciò che fluisce in certe poesie loro proposte. Cantare è avere di fronte qualunque creatura, con un registro scrittorio che vale dai 6 mesi ai 600 anni. La ninnananna arresta il battito cardiaco del neonato come dell’anziano. Non serve individuare un registro di lettori. M’interessa una poiesis che abbia anche una vocalità. La gradazione della voce senza ostentazione è frutto di esercizio. Occorre insegnare l’ascolto della poesia, accendere un senso del viaggio, in un gioco, inteso kafkaniamente, in opere d’arte anche cinematografiche (come le creazioni di Miyazaki). La poesia è un’oasi di ricreazione del proprio sé. Incontrando maestri, punti di riferimento, come Gino Strada, Aldo Capitini. Etty Hillesum lancia dal treno, che dal campo di concentramento sa la condurrà alla morte, un foglio con queste parole: lasciamo il campo cantando. Ha un senso, dunque, l’orecchio assoluto. È questione di vita o di morte. Lei porta la sua poesia e dietro le spalle testimonianze d’insegnanti che l’hanno segnata dentro. Ecco dunque la poesia organica. La porto e mi attraversa dalla punta dei piedi alla fontanella cranica. La porto a tutti e a tutto.  Il canto interrompe l’essere umano e lo dichiara disabile per non capire tutto. Lo pone di fronte ad una parete verticale.

La filosofia acuisce il pensiero ma la poesia accoglie il pensiero e crea.

Mio padre mi ha tolto la parola, perché la poesia non era utile.

La poesia è nascita, creazione di un ponte. Il canto risponde un impensato e un impensabile. L’immagine sulla copertina di “ninnananna talamimamma” rappresenta la palla gettata da una bambina internata ad Auschwitz. È piena di colori: porta la fiducia nel mondo. Ci chiede di essere ricettivi l’uno nei confronti dell’altro, responsabili di una connessione culturale. La mimamma è anche la grande madre: siamo sempre al cospetto dei futuri e degli antichi. L’origine della poesia è dalla ninnananna. Viene dalla preistoria: è il primo atto delle donne che raccoglievano la voce usata come gesto corporeo di abbraccio e pacificazione del bambino, un flusso trasversale tra la bocca e il bambino. L’origine della poesia è creaturale».

Intervento della poeta Milena Nicolini

«Per fare arrivare alla poesia non si può semplicemente delegare al sentire. La poesia ha anche un suo rigore, un suo linguaggio. L’inconscio è il punto in cui s’incontrano la materia e la parte effimera, lo spirito, con il logos. La poesia sta su quel confine tumultuoso in cui s’incontra la possibilità di dirla. La metafora è quella proporzione zoppa che scatta quando manca la parola per dire quella cosa. Mi permette di dire trasportando in un altro ambito. È la parola che vive del rapporto con l’esperienza. La poesia innesca le possibilità di connessione, di fare rete con la parola. Questa rete non ha termine: è un angolo aperto che va all’infinito. Si tratta di una polisemia, nell’esperire del mondo in modo sempre diverso. La poesia dà la possibilità di conoscere se stessi».

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Fiera BCBF, Bologna 8-11 Aprile

Saremo presenti alla fiera Bologna children’s book fair dall’8 all’11 Aprile, padiglione 25 stand A/21 insieme all’Associazione Adei.

Ci accompagneranno in queste giornate dedicate all’editoria per bambine, bambini, ragazze e ragazzi l’autrice Chiara De Giorgi che ha pubblicato con noi i libri della Collana Imparare è un’avventura e le poete Anna Maria Farabbi e Milena Nicolini per parlare di poesia.

Ci raggiungerà anche l’autrice Roberta Martinetti che entrerà nel catalogo Kaba edizioni con l’antologia Polvere di Fata.

L’opera accoglierà storie provenienti dalla Finlandia, Paesi Bassi, Belgio, Turchia, Grecia, Italia e Brasile, con un’introduzione e conclusione di Chiara De Giorgi e la curatela di Ünver Alibey. In uscita ad Aprile.

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Biografia di Louise Michel, anarchica e rivoluzionaria francese

La vita di Louise Michel, insegnante, scrittrice, anarchica e rivoluzionaria francese che ricopre un ruolo di primo piano nelle vicende della Comune di Parigi del 1871.

di Melania Siciliano

 14 Gennaio 2024

TEMPO DI LETTURA: 10 MIN

Louise Michel

Louise Michel

CONTENUTO

Louise Michel: la vierge rouge che lottò per un mondo libero e uguale

Sarà capitato un pò a tutti di leggere il nome “Louise Michel” su quella nave bianca e rosa che naviga sulle acque del mar Mediterraneo per recuperare i migranti posti nelle situazioni di pericolo più estreme. Ma ci siamo mai chiesti chi sia quella donna a cui è stata intitolata una nave che svolge un così arduo compito? Chi era Louise Michel? Conosciamola più da vicino ripercorrendo le tappe più importanti della vita di una delle protagoniste della Comune di Parigi del 1871. 

Nascita e formazione di Louise Michel

Come per ogni personaggio storico, anche per Louise Michel le opinioni si diramano in due strade totalmente opposte: una strada è percorsa da chi ha per lei giudizi positivi, elogiandola a grande eroina del XIX secolo, un’altra strada è percorsa da chi, invece, la reputa una sanguinaria, una donna spietata e violenta. Non possiamo non dire, almeno in questo caso, che la verità sta nel mezzo.

Che Louise Michel sia stata una sanguinaria è vero: le sue parole, di cui abbiamo testimonianza attraverso le sue poesie e i suoi scritti, sono piene di risentimento, di incitazione alla violenza, ma è anche vero che non dobbiamo mai perdere di vista la causa per la quale ella combatte, né il contesto storico in cui si trova a vivere, di cui la Comune del 1871 non è altro che un sintomo.

Louise Michel nasce il 29 maggio del 1830 nel castello di Vroncourt-la-Côte, un piccolissimo paesino dell’Alta Marna. Suo padre è Laurent Demahis, il figlio del castellano, sua madre, Marianne Michel, la sua domestica. Nonostante sia nata da una relazione adulterina, i nonni paterni se ne prendono cura e la allevano con amore e dedizione, inculcandole quei principi illuministici e libertari a cui sarà sempre legata e che saranno alla base del suo pensiero, un pensiero ricavato dalla lettura degli scritti di Rousseau e di Voltaire, che le accendono il desiderio di esporsi a tutela dei più deboli, donne in primis, tanto da renderla, ancora oggi, una pioniera dei diritti delle donne e degli emarginati.

Grazie alla disponibilità economica dei suoi nonni, la piccola Louise riceve un’ottima formazione scolastica, fino a diplomarsi alla scuola di Chaumont. Alle donne dell’epoca non è concesso proseguire con gli studi universitari (per farlo bisognerà attendere il 1863 per Lione e il 1867 per Parigi), dunque Louise, che pure avrebbe voluto iscriversi a una facoltà umanistica, decide di abilitarsi a maestra.

Siamo nella Francia dell’imperatore Napoleone III, nipote del più noto Napoleone Bonaparte, e per esercitare la professione di insegnate nelle scuole pubbliche devi prima giurare fedeltà all’Impero, una fedeltà che non vuole affatto prestare, accontentandosi di insegnare in alcune scuole private e aprendone di sue, la prima ad Audeloncourt.

Ma perché accontentarsi di insegnare in scuole private piuttosto che giurare fedeltà a Napoleone III? Perché la Michel è un’anticonformista e, lo abbiamo detto, è stata educata ai principi liberali e illuministici. Non si identifica negli ideali bonapartisti; non vuole l’Impero ma insegue la democrazia, la stessa democrazia che Napoleone III diceva di volere e che invece aveva tradito con il colpo di stato del 1851.

La scuola di Audeloncourt e tutte le altre scuole che saranno gestite da Louise, anche quelle parigine, sono scuole laiche, gratuite e libere da ogni pregiudizio. I bambini con handicap sono i benvoluti perché non esiste malattia che possa impedire a un bambino di imparare a comunicare e a stare tra la gente.

Questo pensiero, oggi una verità (quasi) scontata ma che allora è ancora un’utopia, riscuote molto successo negli ambienti liberali, ma fa storcere il naso ai conservatori, di gran lunga più numerosi e influenti. Le scuole francesi, infatti, sono gestite dalla Chiesa che, in accordo con l’imperatore, esercita il pieno controllo sull’insegnamento. Scuola laica significa allora svincolarsi dai preferenzialismi clericali, che rendono l’istruzione appannaggio di pochi, tendenzialmente i più ricchi.

Per Louise, invece, anche i poveri e i diversamente abili hanno diritto a essere istruiti e, anzi, l’istruzione è un modo per emanciparsi perché chi sa leggere e scrivere è anche in grado di riconoscere le iniquità sociali, di cui la Francia napoleonica pecca sempre più spesso.

Le sue non sono semplici scuole nelle quali ci si limita a studiare il francese, la matematica, il disegno ma ci si approccia ai mestieri manuali, in modo da formare una classe sociale pronta ad affacciarsi al mondo del lavoro. La religione non esiste e in sostituzione alla preghiera mattutina si recita la Marsigliese, Bibbia dei rivoluzionari.

Tutto questo, come si vedrà, sarà uno dei massimi obiettivi dei futuri comunardi. Nello stesso periodo collabora con alcuni giornali dell’Alta Marna, dove pubblica articoli. Si tratta di articoli che a primo acchito sembrerebbero riferirsi alla storia classica, ma una lettura più approfondita suggerisce che la storia classica le serve solo da  schermo per denunciare le ingiustizie della società e della politica dei suoi giorni. Si firma, ad esempio, con il nome di Enjolras, il personaggio repubblicano dei Miserabili di Victor Hugo.

Il nome di Hugo è importante e sarà una costante nella vita di Louise perché  con lui intratterrà una profonda e sincera amicizia, fatta di scambi epistolari iniziati quando ha solo dodici anni, di poesie e incontri vis a vis, tanto che c’è chi ancora oggi ipotizza una liaison tra i due, ipotesi che non trova, però, alcun riscontro storico. Hugo ha per lei una profonda ammirazione al punto da dedicarle una delle sue più belle poesie: Viro major (Più forte di un uomo).

La formidabile pietà era nelle tue parole;

Stavi facendo quello che fanno le grandi anime pazze,

E stanca di lottare, di sognare, di soffrire,

Tu dicevi: Ho ucciso! Perché tu volevi morire.[…]

I tuoi giorni, le tue notti, le tue cure, i tuoi pianti, dati a tutti,

L’oblio di te stessa nel soccorrere gli altri,

La tua parola simile alle fiamme degli apostoli;

Quelli che conoscono il tetto senza fuoco, senza aria, senza pane,

Il letto senza cinghie con il tavolo di abete,

La tua bontà, la tua fierezza di donna popolare,

L’aspra tenerezza che dorme sotto la tua rabbia,

Il tuo lungo sguardo di odio verso tutti i disumani,

E i piedi dei bambini riscaldati nelle tue mani;

Quelli, donna, davanti alla tua maestà selvaggia,

Meditavano, e, nonostante l’amara piega della tua bocca,

Nonostante il maledicente che, infierendo su di te,

Ti lanciava tutte le grida indignate della legge,

Nonostante la tua voce fatale e alta che ti accusa,

Vedevano risplendere l’angelo attraverso la medusa.

Da queste parole si evince il forte temperamento di questa donna, l’amore per la libertà, la sincerità dei suoi ideali e il suo altruismo nei confronti dei più deboli. Come vedremo, sarà sempre Hugo a spendersi in sua difesa quando verrà condannata ai lavori forzati in Nuova Caledonia.

L’impegno sociale di Louise Michel nella Comune di Parigi del 1871

Nel 1856 Louise Michel è a Parigi e con lei ci sarà anche sua madre Marianne. Con la morte dei suoi nonni paterni eredita una somma di denaro abbastanza cospicua da consentirle di vivere autonomamente. Prima di partire per la capitale, però, dona ai poveri una somma di 40.000 franchi, alienandosi la borghesia e la nobiltà della sua zona, che guarda di cattivo occhio chi si prodiga a favore del popolo, visto che negli anni precedenti proprio il popolo era stato protagonista di molti disordini sociali (si pensi al 1848).

A Parigi, Louise continua a insegnare e decide di ripetere l’esperienza della scuola di Audeloncourt, trovando un forte consenso da parte di chi, come lei, abbraccia le idee comuniste, anarchiche e socialiste. Stringe un forte legame con Elisabeth Dmitrieff, un’esule russa molto vicina agli ideali marxisti,  fondatrice dell’ “Union des femmes, uno dei primi movimenti a rivendicare apertamente il femminismo.

Nata con l’obiettivo di promuovere l’uguaglianza tra uomini e donne, una riforma dell’istruzione e riforme sociali egualitarie, l’Union des femmes raggiunge importantissimi traguardi nel panorama dei diritti, e il riconoscimento delle libere unioni e il divieto della prostituzione sono uno di questi.

Louise Michel tra Marie Ferré e Paule Mink

In realtà, già dall’inizio della guerra con la Prussia le donne partecipano alle azioni più significative. La loro emancipazione, quindi, è iniziata molto prima della Comune, ma la Comune ne accentua  comunque la portata. Nel 1869 diventa segretaria nella “Société démocratique de moralisation”, che si occupa proprio di assistenza alle donne bisognose e, soprattutto, alle prostitute, che la Michel sembra avere particolarmente a cuore, visto che sulla prostituzione tornerà più volte.

Ovunque, l’uomo soffre nella società maledetta, ma nessun dolore è comparabile a quello provato dalla donna. Nella via, lei è una merce. Nei conventi, dove si nasconde come in una tomba, l’ignoranza la chiude […].

Nel mondo, lei si flette sotto il disgusto. Nella sua casa, il fardello la schiaccia. […] I nostri diritti noi li abbiamo. Non siamo accanto a voi per combattere la grande guerra, la guerra suprema? Che forse voi oserete fare dei diritti delle donne cosa a parte, quando uomini e donne avranno acquistato i diritti dell’umanità?[1]

È convinta che le donne non debbano stare in disparte a guardare, limitandosi a prestare soccorso in caso di guerra/rivoluzione ma che, alla pari degli uomini, debbano impugnare le armi e combattere in prima fila. Ed è proprio questo quello che farà all’indomani del 18 marzo del 1871, quando verrà proclamata la Comune, per la quale combatterà nelle fila del sessantunesimo battaglione, uno dei più reattivi, capaci di incentivare persino i combattenti uomini e al tempo stesso di provvedere all’approvvigionamento di cibo e alla cura dei bambini.

La Comune viene accolta con molto entusiasmo da Louise, perché viene vista come l’attuazione di quegli obiettivi sociali in cui ha sempre creduto, obiettivi che hanno il sapore di democrazia e che stonano in quell’Europa afflitta dal privilegio. Sul piano della conquista dei diritti, è forse la prima realtà a inaugurare il concetto di welfare statemostrandosi più vicina a noi di quanto sembri.

Louise Michel è entusiasta del fatto che la prerogativa dei comunardi sia quella di attenzionare i più deboli. L’ abolizione del lavoro notturno, la soppressione delle multe, il divieto di licenziare senza valido motivo sono tutte decisioni che condivide e che sposano quei principi di uguaglianza sociale e di libertà che rincorre da piccolissima.

L’abrogazione della Legge Fallaux, quindi finalmente il riconoscimento di un ’istruzione libera e gratuita e laica, è il coronamento di un sogno, una vittoria che la Terza Repubblica fa passare come propria nel 1881, tanto che ancora oggi si continua ad attribuire il merito di questa importantissima legge al repubblicano Jules Ferry.

Anche gli asili vengono smembrati di tutti i simboli religiosi, sostituiti con disegni, sculture, materiali colorati; viene garantito un diverso approccio all’insegnamento nella consapevolezza che bisogna insegnare a ogni bambino l’amore e il rispetto per gli altri; inspirare in lui l’amore per la giustizia.[2]

La fine del sogno comunardo e il processo a Louise Michel

Nella Parigi asserragliata e ridotta alla fame, Louise Michel propone un attacco contro i nemici, carpendo l’essenzialità di intervenire ora che il governo non ha a disposizione che pochi soldati, offrendosi di marciare verso Versailles per uccidere Thiers con le sue stesse mai.

Jules Girardet: Louise Michel tra i federati avviati in prigionia a Versailles

Quando i versaillais arrestano sua madre Marianne (per il principio dell’«uno vale l’altro»), Louise si consegna di sua sponte alla giustizia e si presenta a processo con un velo nero, esplicito riferimento al lutto per l’uccisione di molti dei suoi più cari amici.

E non voglio difendermi, non voglio essere difeso; appartengo interamente alla rivoluzione sociale e dichiaro di accettare la responsabilità di tutte le mie azioni. […]. Mi rimproveri di aver partecipato all’assassinio dei generali? A questo, risponderò di sì, se mi fossi trovata a Montmartre quando volevano far sparare al popolo; non avrei esitato a far sparare io stessa a coloro che davano ordini simili.

Per quanto riguarda l’incendio di Parigi, sì, ho partecipato. Volevo opporre una barriera di fiamme agli invasori di Versailles. […]. Bisogna escludermi dalla società, siete stati incaricati di farlo, bene! L’accusa ha ragione. Sembra che ogni cuore che batte per la libertà ha solo il diritto ad un pezzo di piombo, ebbene pretendo la mia parte! Se mi lascerete vivere esorterò alla vendetta[3].

Così si esprime durante il suo lungo interrogatorio, convinta fino in fondo delle sue azioni e della bontà dell’esperimento, al punto tale da preferire la morte piuttosto che rinnegarlo; al punto tale da minacciare “il bisPer i versaillais, Louise Michel è la faccia del male, una donna pericolosa e sanguinaria; per i rivoluzionari e per i simpatizzanti della Comune, invece, è proprio l’opposto: è la donna della rivoluzione sociale, la paladina dell’equità.

Questo mito positivo viene portato avanti anche da Victor Hugo, che si batte per lei affinché le venga cancellata la pena, e che le dedica, all’indomani del processo, la poesia Viro Major, di cui abbiamo parlato prima. A onore del vero, Hugo si batte non solo per la Michel ma per tutti gli altri, intraprendendo una lunga battaglia alla quale contribuiscono moltissimi altri scrittori (in particolare Emile Zola, che fu, è, meno partecipativo di Hugo, soprattutto se vuol mettere a paragone la sua grande battaglia sul caso Dreyfus).

Nel marzo del 1876, Hugo deposita al Senato francese (di cui è membro) una mozione di amnistia, nella quale propone il perdono per tutti i comunardi insorti, ritenendo che sia ormai giunta l’ora di «cancellare ogni traccia della guerra civile»[4].

L’amnistia viene concessa sette anni più tardi: è il 1880 quando una folla di ottomila persone la aspetta rientrare dall’esilio alla stazione Saint-Lazare per manifestarle un entusiasmo sconfinato, che forse non si aspetta. La concessione del perdono, però, non placa la sua indole ribelle, tanto che più volte verrà tratta in arresto per aver organizzato manifestazioni sociali, non solo in Francia ma in molti paesi d’ Europa.

La sua esposizione suscita una profonda alienazione da parte dei cattolici conservatori, e infatti, proprio un giovane cattolico, un tale Pierre Lucas, che non condivide i suoi discorsi incendiari, prova a ucciderla durante una conferenza a La Havre, nel 1888. Nonostante questo, però, Louise non denuncerà il gesto ma, al contrario, si attiverà per la liberazione di questo giovane, convinta che questo gesto estremo sia solo il frutto di un odio collettivo nei suoi confronti e non di un odio personale da parte del giovane.

Muore a Marsiglia, il 9 gennaio del 1905. Era lì per parlare dei diritti dei lavoratori e di come reagire alle disuguaglianze. Al suo funerale, che si svolge a Parigi il 25 gennaio e che non prevede nessun tipo religioso, giungono uomini e donne da tutta Europa: lavoratori precari, disoccupati, studenti, tutti lì a salutare per l’ultima volta una donna che ha avuto l’instancabile coraggio di lottare contro i soprusi e che ha rincorso per tutta la sua vita il sogno di un mondo uguale per tutti. Il suo corpo riposa accanto a quello di sua madre, nel cimitero di Levallois-Perret, e ancora oggi la sua tomba è meta di pellegrinaggio, soprattutto da parte dei più giovani.

Louise Michel

L’ereditarietà di Louise Michel

Louise Michel è tuttora una delle figure più iconiche della Comune, emblema del femminismo più marcato, paladina dei più sfortunati. Probabilmente stupisce la presenza di una donna nel panorama politico dell’epoca, stupiscono la sua caparbietà, la sua tenacia, il suo appello alla giustizia e alla giustezza, ecco perché non può non essere diventata un’icona, un solido punto di riferimento.

In un mondo come il nostro, la figura di Louise ritorna. Si pensi che nell’agosto 2020, il suo nome è passato (tristemente) alla cronaca per il fatto che a lei sia intitolata una nave umanitaria (finanziata, tra l’altro, dallo street artist Banksy) molto attiva nel Mediterraneo, soprattutto nel recupero dei migranti. Non è un caso che la nave, come un tempo Louise, si batta in difesa dei più deboli, avendo recepito a pieno gli ideali di una delle personalità femminili più importanti del XIX secolo.

Note:

[1]Louise Michel, È che il potere è maledetto e per questo io sono anarchica,  a cura di Anna Maria Farabbi. Al3vie, 2021, p. 141.

[2] S.Edwards, The Paris Commune: 1871, Quadrangle, Chicago 1971 p.537.

[3] l.michel, Mémoires de Louise Michel, écrits par elle-même, trad. it. mia, F. Roy, libraire éditeur, 1886, pp 470- 473.

[4] Frase tradotta estrapolata dal documento del Senato in figura 9. HUGO,V. [et al], Proposition de Loi Relative à l’amnistie, 21 mars 1876, https://www.senat.fr/fileadmin/Fichiers/Images/archives/HUGO/ppl_9_Hugo.pdf.

I libri consigliati da Fatti per la Storia per approfondire la figura di Louise Michel!

Melania Siciliano

Melania Siciliano

Si laurea in Lettere moderne presso l’Università degli Studi di Salerno con una tesi in Storia contemporanea dal titolo “La Comune di Parigi. Dalle origini alla dissoluzione”. Appassionata di storia, di politica internazionale e di letteratura, sta finalizzando i suoi studi in Filologia moderna, sempre presso l’Università di Salerno. Attualmente è redattrice di una rivista letteraria per la quale scrive racconti e sta seguendo un percorso per diventare giornalista.

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Presentazione del libro “All’inizio era il buio” di J.M.Hull, giovedì 21 marzo, all’Istituto dei Ciechi “Francesco Cavazza” di Bologna

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“All’inizio era il buio” di J.M.Hull il 21 marzo la presentazione a Bologna

BOLOGNA – Giovedì 21 marzo, alle ore 17.30, all’Istituto dei Ciechi “Francesco Cavazza” di Bologna, in via Castiglione 71, sarà presentato «All’inizio era il buio. Conversazioni di un cieco con la Bibbia» di John Martin Hull, in collaborazione con l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Bologna e Al3viE, marchio di Kaba Edizioni. Interverrà Anna Maria Farabbi, curatrice e traduttrice dell’opera di John Martin Hull, in dialogo con Gennaro Iorio, curatore della trasmissione ROC (Radio Oltre Cultura) di Radio Oltre, la web radio dell’Istituto.

Una riflessione verticale sulla vista e sulla sua assenza ci immette direttamente nel ventre della nostra cultura occidentale, più propriamente del sistema consumistico, capitalistico e liberistico che viviamo. L’esperienza della cecità polverizza la superficialità visibile, entra e abita l’invisibile della nerezza, in un processo inverso da quello che noi vedenti siamo abituati a vivere, anche mentalmente. John Martin Hull narra tutto questo, portandoci a riconsiderare i nostri parametri sociali e culturali. Coniuga il verbo amare in un’accezione cristiana spogliata ed esposta al confronto. Tutto il suo lavoro in questa opera nasce e sviluppa nel ventre delle Sacre Scritture.

Professore di teologia e scienze religiose a Birmingham, John Martin Hull (1935-2015), nel 1983, a seguito di una lunga patologia degenerativa della retina, perse definitivamente la vista. Ha scritto numerosi libri e articoli nel campo dell’educazione religiosa, della teologia pratica e della disabilità. Uno dei suoi testi più conosciuti è Il dono oscuro (1990), tradotto e pubblicato da Adelphi nel 2019. Nel 2016 ne è stato tratto il film Notes on Blindness, di Peter Middleton e James Spinney. La prefazione porta la firma di Oliver Sacks, noto neurologo e scrittore britannico, autore di numerosi best seller spesso dedicati alla tematica dei disturbi neurologici (Risvegli, pubblicato nel 1973, fu adattato in un film omonimo nel 1990).

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Kaba Edizioni, fondata e guidata da Raffaella Polverini, dal 2009 fa crescere pagine nei territori di infanzia, adolescenza e fragilità. Casa editrice indipendente, forte del contatto e della collaborazione con le strutture vicine al mondo dei più piccoli e della scuola, crede nella poesia e nella valenza politica della cultura. Nel 2020 ha dato il via al marchio Leggimileggi che raccoglie testi classici, poesie lette da poeti e poete, recensioni, audio, disegni e scritti. Nel 2021 un altro progetto ha portato alla luce il marchio Al3viE, dedicato ai più grandi e pronto ad abbracciare tematiche diverse, da quelle sociali, spirituali, politiche, passando attraverso la narrativa e la poesia. Il 21 marzo 2023 si è aggiunto ai marchi il blog culturale CartaVetro.

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Numerosi gli appuntamenti in cantiere per la casa editrice di Pavia, che sarà presente, insieme all’associazione Adei, al Bologna Children’s Book Fair, dove il 9 aprile, alle ore 16.15, alla Sala Ronda del Centro Servizi (Blocco C, 1° piano/Services Centre, 1st Floor, Block C), le due poete, Anna Maria Farabbi e Milena Nicolini, attraverso i testi ninnananna talamimamma Istruzioni per l’uso di ninnananna talamimamma, presenteranno un progetto in poesia di politica culturale che ripristina il significato del lavoro nella poesia e fa rientrare una didattica nello stesso. L’attualità della poesia come confronto etico, sociale e spirituale, imprescindibili dalla stessa.

CONTATTI

Kaba Edizioni – Al3viE
Via Don Cesare Ferrari 8/C – 27020 Trivolzio (Pavia)
Mob. 338-4586480 – Email: info@kabaedizioni.com
www.kabaedizioni.com
www.al3vie.com
www.leggimileggi.com
www.cartavetro.com

Giovedì 21 marzo 2024 ore 17.30

Istituto dei Ciechi “Francesco Cavazza”

[via Castiglione 71 – Bologna] 

Presentazione di «All’inizio era il buio. Conversazioni di in cieco con la Bibbia» di John Martin Hull

in collaborazione con l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Bologna e Al3viE

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Presentazione del libro ALL’INIZIO ERA IL BUIO di J.M.Hull, giovedì 21 marzo, all’Istituto dei Ciechi Cavazza di Bologna

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Kate Chopin su Filosofemme