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Il canto dell’altalena. Incontro e scambio nel Giardino delle Beghine a Mantova

Sabato, 7 maggio
 
Mattino ore 9.30 – 12.30
 
Pranzo
 
Pomeriggio 14 – 17

“Un fiammifero nel buio del mito”, dice Anna Maria della sua riflessione su Sirene, Tiresia, Penelope, Antigone, Cassandra e Medea. O forse rovesciarne la lettura, nella poesia, con voce di donna consapevole della differenza e capace di partire dall’io per entrare nell’”origine del canto occidentale”.

Seminario Il canto dell’altalena con Anna Maria Farabbi

Il 7 maggio sarà con noi, nel Giardino delle Beghine, Anna Maria Farabbi, una poeta che da sempre lavora sulla parola in modo originale, lontana dall’accademia e dai riflettori di concorsi e premi. Ha pubblicato molti libri, scegliendo sempre piccole case editrici: raccolte poetiche, libri per bambini, opere per il teatro, saggi.

Alla riflessione sui nodi critici della società, quelli in cui sono visibili la difficoltà e lo scarto rispetto a ciò che si considera “norma” (sordità, anoressia, cecità, mutismo, emarginazione, vecchiaia…), intreccia l’analisi di figure femminili importanti, spesso misconosciute, come Louise Michel o Kate Chopin di cui ha approntato le prime traduzioni in italiano.

Conosce il nostro Giardino e lo considera un luogo di grande importanza, nel quale è possibile l’interazione tra linee di pensiero, con modalità diverse, sempre attente all’approfondimento e al versante femminile con la sua specificità e il suo diverso linguaggio.

Un passaggio del libro di Milena Nicolini sul Canto dell’altalena ci può aiutare a comprendere il versante dal quale muove la voce di questa poeta:

L’autrice torna ad una difficile esperienza che per un anno le tolse completamente la voce, quando comprese nel suo “corpo” cos’era per i muti la normalità quotidiana. Ne fece un “telaio esperienziale”, studiò più a fondo la sordità, il suono, le “profondità dilatabili dell’ascolto”, la meditazione, le “retoriche della parola ‘silenzio’”, la capacità di udire con tutto il corpo fin dall’utero materno.

Per lei stanno qui le “fondamenta della poesia”: non a caso lei la chiama “canto”.

Il suo lavoro sulla lingua non si distingue dalla vita, l’accesso sempre più profondo alla creaturalità della parola va in sincrono col “battito cardiaco”, l’ascolto attento diventa creazione “anche del canto”, ma insegna pure ad ascoltare e imparare il canto degli altri”, ad “ac cordarsi”, perché le voci del coro non si sovrappongono, ma si fanno complementari l’una all’altra “per l’opera”.

Ecco perché la sua poesia è “biologica, organica”, non dà garanzie di salvezza, ma solo “la scaglia nell’animalità, nel vegetale, nel minerale (…) a una via del poco, su cui, e dentro cui, possa accogliere la creazione e sostenerla”.

La poesia unisce chi canta e chi ascolta, attiva le possibilità plurali dell’io, esigendo il ‘tu’ e il ‘noi’, “il canto, prima di essere inchiostro, è vento, oralità: tramanda”. (M. Nicolini, L’uroboro nell’opera di Anna Maria Farabbi, ed. Rossopietra, pp. 54-55).

Penso che questa premessa possa aiutarci a comprendere la postura con la quale stare nel seminario di Anna Maria. Da qui è possibile interagire con lei a partire dalla nostra vita, dalla nostra riflessione e dalle nostre letture. Sulle figure del mito che fanno seguito, nel libro Il canto dell’Altalena, alla memoria dei giochi infantili, ognuna di noi, per vie diverse, ha avuto occasione di leggere, ascoltare e riflettere: Sirene, Tiresia, Penelope, Antigone, Cassandra e Medea.

Il nostro contributo al dialogo sarà prezioso e renderà il tempo che trascorreremo insieme ricco e nuovo.

                                                                                       Nella Roveri

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