All’inizio era il buio

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John Martin Hull (1935-2015) è stato Professore di teologia e scienze religiose a Birmingham. Nel 1983, a seguito di una lunga patologia degenerativa della retina, perse definitivamente la vista. Ha scritto numerosi libri e articoli nel campo dell’educazione religiosa, della teologia pratica e della disabilità. Uno dei suoi testi più conosciuti è Il dono oscuro (1990) tradotto e pubblicato da Adelphi nel 2019. Nel 2016 ne è stato tratto il film Notes on Blindness, di Peter Middleton e James Spinney, vincitore del primo premio ai British Independent Film Awards. La prefazione porta la firma di Oliver Sacks, noto neurologo e scritto re britannico, autore di numerosi best seller spesso dedicati alla tematica dei disturbi neurologici. Risvegli, pubblicato nel 1973, fu adattato in un film omonimo nel 1990.

“Per me, la perdita della vista fu anche esperienza di separazione. C’è un grande divario tra il mondo percepito dai vedenti e quello percepito dai ciechi. I due regni sono separati. Nella Genesi, potremmo pensare all’inizio che la luce, una volta creata, annienti il buio, ma non è ciò che accadde. Le tenebre trovarono luogo nella notte, e la notte fu separata dal giorno, separata, ma unita”.

www.johnmhull.co.uk

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Descrizione

Il contributo politico della cecità

Una riflessione verticale sulla vista e sulla sua assenza ci immette direttamente nel ventre della nostra cultura occidentale, più propriamente del sistema consumistico, capitalistico, liberistico, che viviamo. Abitiamo quotidianamente l’immagine, ne siamo at/tratti, inghiottiti, intossicati, resi dipendenti, devitalizzati dentro un processo di consumo/consumismo che si basa soprattutto sull’apparenza, su ciò che appare, su ciò che abbagliando induce e detta il bisogno di una riconoscibilità visibile, folgorante. È nell’immagine che si genera una dinamica autoreferenziale narcisistica che esclude ogni significato di complementarità nella relazione, così come ogni necessità di approfondimento dell’interiore. Si nega la possibilità di concepire e praticare il rovescio del canone omologato.
L’esperienza della cecità polverizza di colpo la superficialità visibile, entra e abita l’invisibile della nerezza, forzatamente in un processo inverso da quello che noi vedenti siamo abituati a vivere, anche mentalmente.
John Martin Hull narra tutto questo, portandoci lentamente a riconsiderare i nostri parametri sociali e culturali, spalanca magnificamente il corpo della voce e del suono, risvegliandoci sensorialmente e spiritualmente alla concentrazione del tacere e dell’ascolto, della lentezza fiduciosa, della risurrezione interiore traendo forza dal sacro profondo che ci dimora. Propone fatti della propria storia personale, pieghe del suo vissuto, mortificazioni, depressioni da cui è riemerso, con energia e lucidità.
Coniuga il verbo amare in un’accezione cristiana spogliata e disposta al
confronto.
Tutto il suo lavoro in questa opera nasce e si sviluppa nel ventre delle
Sacre Scritture. Si irradia in ogni angolo del nostro vivere quotidiano, in
ogni connessione esistenziale e sociale, oltre a quella spirituale.
Il suo pensiero in ogni sua parola propone di fatto le fondamenta praticabili verso la correzione di una polis che molto ha ancora da imparare per una convivenza di pari diritti, di non discriminazione, di crescita contemporaneamente individuale e corale.

Informazioni aggiuntive

formato

cartaceo, ebook

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